Di recente la Vitamina D è tornata alla ribalta non solo di certa scienza illuminata, ma anche dell’opinione pubblica.

Se ne fa un gran parlare durante questa emergenza sanitaria.

Ne sono stati censurati spesso i benefici, fino a che non sono stati resi noti i primi risultati sul suo impiego nei malati colpiti dal virus Covid-19.

Ne ha dato notizia l’Ansa il 19 gennaio scorso.

Molti studi, coordinati da diverse università italiane e dagli istituti di ricerca CNR, hanno evidenziato come il trattamento con Vitamina D nei pazienti colpiti dal virus e con patologie pregresse, abbia diminuito il numero di decessi nonché il trasferimento in terapia intensiva.

In questo articolo scoprirai cos’è la Vitamina D, le più importanti scoperte su di essa e i suoi benefici contro molte malattie dell’era moderna.

Ecco l’indice dell’articolo:

Cos’è e come fu scoperta la Vitamina D

Cos'è la Vitamina D

Vitamina è quella sostanza che, pur essendo essenziale per l’organismo, non viene prodotta dal corpo.

Da questo punto di vista, la Vitamina D non è una vitamina vera e propria ma un ormone steroide, anzi un pre-ormone prodotto dalla nostra pelle nel momento in cui viene colpita dai raggi solari UVA.

Ne esistono due tipi:

  1. D2 (ergocalciferolo), non viene prodotta dal corpo ma dalle piante e dai funghi quando sono colpiti dalla luce solare. È meno efficace e spesso è prodotta in modo sintetico.
  2. D3 (colecalciferolo), prodotta dagli uomini e dagli animali quando si espongono alla luce solare.

Quello di vitamina è dunque un termine improprio che arrivò nel 1920 quando un ricercatore scoprì che nell’olio di fegato di merluzzo era presente una sostanza in grado di prevenire il rachitismo.

La malattia colpiva soprattutto i bambini le cui ossa, non essendo in grado di assorbire calcio e fosforo, diventavano fragili e deformate e aveva assunto proporzioni endemiche nei primi decenni del secolo scorso.

Solo qualche anno dopo si scoprì che la Vitamina D veniva prodotta dal corpo quando ci si esponeva alla luce solare e che i bambini rachitici guarivano dopo che erano stati esposti alla luce ultravioletta.

Per eradicare il rachitismo, gli enti governativi americani imposero l’obbligo di “fortificare” con la Vitamina D alimenti come latte e pane, dato che il consumo di olio di fegato di merluzzo non si diffuse come sperato.

Come la Vitamina D cadde nel dimenticatoio

Una volta vinto il rachitismo, la Vitamina D cadde nel dimenticatoio e non fu più studiata fino alla fine degli anni sessanta.

La mancata possibilità di brevettarla, demotivò la ricerca futura e per molto tempo ci si accontentò di quelle prime scoperte.

Fu congelata anche la dose raccomandata (RDA) che si basa ancora sugli standard necessari per contrastare il rachitismo, di 20 nanogrammi per millilitro (ng/ml).

È un dosaggio che andrebbe aggiornato in base alla grande mole di studi recenti, come dal 2004 denuncia il dottor Michael Holick della Boston University, massimo esperto della Vitamina D al mondo.

Come vedremo, in mancanza ancora di linee guida, quello del dosaggio è, tra gli scienziati, un dibattito ancora aperto.

Le importanti scoperte sulla Vitamina D

Fino a venti anni fa poco si sapeva su questa preziosa vitamina e si credeva fosse importante solo per la salute delle ossa.

Si era scoperto che curava il rachitismo, ma come?

Agli inizi degli anni settanta si scoprì che veniva metabolizzata nel fegato e nei reni ed era in grado di controllare i livelli di calcio nel sangue attraverso un’azione esplicata nell’intestino.

Fu allora che gli scienziati riclassificarono la Vitamina D come ormone.

Fondamentale fu scoprire che i recettori di questa vitamina non solo sono presenti in molti tessuti e organi, ma interagiscono con più di 200 geni.

Si pensa che possa accelerare la guarigione dei tessuti e delle cellule e ridurre il rischio che le cellule diventino cancerose.

Il viaggio della Vitamina D

Sia quando ci esponiamo al sole, sia quando assumiamo un integratore di Vitamina D, questa prende la via del fegato e viene convertita, attraverso il processo di idrossilazione, in 25D (calcidiolo), in modo da poter essere immagazzinata nell’organismo.

Dal fegato la 25D arriva ai reni, dove viene trasformata in 1,25-D (calcitriolo), la forma attiva e potente della Vitamina D.

Da qui circola nel sangue e interagisce con l’intestino nello stimolare l’assorbimento del calcio, assicurandone i giusti livelli.

Una scoperta sorprendente

Nel 1998 il dottor Michael Holick scoprì come i reni non siano l’unico organo in grado di rendere attiva la Vitamina D, ma come anche la maggior parte dei tessuti e delle cellule del corpo, abbiano la capacità di farlo, metabolizzandola dal fegato.

Questo grazie alle migliaia di recettori di cui le cellule, i tessuti di gran parte degli organi, sono dotati.

In pratica, quando e solo se c’è un eccesso di Vitamina 25D (oltre 30ng/ml), dopo che i reni hanno compiuto il loro lavoro mantenendo stabile il calcio, verrà attivata dagli altri organi.

Ciò che sorprese i ricercatori fu che la forma di Vitamina D attivata degli organi, non entra in circolo nell’organismo, ma viene intercettata dalle cellule di quell’organo, immediatamente scomposta e utilizzata.

Una scoperta sorprendente: è l’unica sostanza di questo tipo nel corpo che ha funzioni riparatrici e di mantenimento.

Questo spiega perché la Vitamina D, come vedremo, ha un ruolo fondamentale nella prevenzione delle più temibili malattie dell’era moderna.

Il sole, la fonte primaria di Vitamina D

Sole, fonte di Vitamiana D

Abbiamo visto come la Vitamina D passi attraverso le membrane cellulari legandosi ai recettori ed interagisca con oltre 200 geni nel corpo.

È liposolubile e viene stoccata nell’organismo per periodi di tempo lunghi, ma solo se ne abbiamo una quantità ottimale.

Ma da dove la ricaviamo?

La nostra principale fonte di approvvigionamento è stata per migliaia di anni la luce solare, mentre solo una minima parte deriva dalla dieta.

In mezz’ora di esposizione al sole di mezzogiorno, sintetizziamo 20.000 UI di Vitamina D.

È la pelle stessa a convertire l’eccesso di vitamina in molecole inattive in modo da evitarne la tossicità.

Va detto che non tutti i tipi di raggi solari sono in grado di compiere questo miracolo, solo i raggi UVB.

Non è però così facile come sembra attingere Vitamina D dalla luce solare, perché ci sono diversi fattori d’ostacolo:

  • stile di vita prevalentemente in luoghi chiusi
  • latitudine
  • stagione dell’anno (la quantità di Vitamina D che deriva dal sole non è uguale nel corso dell’anno. Di conseguenza abbiamo livelli maggiori alla fine dell’estate rispetto alla fine dell’inverno)
  • utilizzo di creme solari (più è alto il fattore di protezione, più si è protetti dai raggi solari dannosi ma anche dagli UVB che permettono la produzione di Vitamina D)
  • indumenti (cappelli, maglie, occhiali da sole, sono una vera e propria barriera tra la pelle e il sole)
  • età (man mano che invecchiamo, produciamo meno precursori sulla pelle della vitamina)
  • peso (le persone in sovrappeso hanno difficoltà a produrre Vitamina D a sufficienza perché le cellule adipose, essendo la vitamina liposolubile, la assorbono rendendola meno disponibile agli organi e tessuti)
  • colore della pelle (più la pelle è scura, meno vitamina si produce stando al sole a causa della melanina che assorbe i raggi UVB ma ne inibisce la produzione. Molti studi hanno dimostrato che le persone afro-americane hanno un tasso altissimo di carenza di Vitamina D)

L’importanza della latitudine

Maggiore è la latitudine in cui ci troviamo, meno intensi saranno i raggi UV e dunque ci sarà minore produzione di Vitamina D.

Se si vive al di sopra di 35 gradi di latitudine, non è possibile, ad esempio, produrre Vitamina D attraverso l’esposizione al sole, da novembre a fine marzo, anche se si sta al sole per ore.

L’Italia rientra in questa casistica (36-47 gradi di latitudine), fatte salve le isole più a sud come Lampedusa.

Esposizione al sole, una minaccia per la salute?

Negli anni 80 i dermatologi ci hanno messo in guardia dall’esporci al sole e, nel tentativo di prevenire il cancro alla pelle, ci hanno caldamente raccomandato di usare filtri protettivi, cappelli, occhiali da sole.

Questo proteggerci forzatamente dai raggi solari, ci ha portato a privarci di una fonte primaria di salute, quella della Vitamina D.

Alla raccomandazione di usare filtri protettivi esponendoci al sole, non sono seguite altrettante raccomandazioni di compensare la Vitamina D.

Lo stile di vita che ci contraddistingue e che si svolge per lo più all’interno di luoghi chiusi, ha fatto sì che tutti ne siamo diventati carenti.

Gli scienziati stanno collegando sempre più l’endemica carenza di Vitamina D che sta colpendo la popolazione mondiale, con il progressivo aumento delle malattie tipiche dell’età moderna.   

Malattie dell’infanzia come autismo, asma e diabete giovanile, sono aumentate in modo esponenziale proprio negli anni in cui si raccomandava di non esporsi al sole.

Si sospetta che la carenza di questa importante vitamina possa essere correlata a tali patologie.

Carenza di Vitamina D: un’epidemia silenziosa

Le statistiche riguardanti la carenza di Vitamina D sono allarmanti, una carenza che sta compromettendo la nostra salute e quella dei nostri figli.

I medici scienziati hanno dato l’allarme più di un decennio fa a seguito del moltiplicarsi delle scoperte scientifiche che vanno tutte nella stessa direzione: la maggior parte delle persone che ha gravi malattie, ha anche una carenza di Vitamina D o l’ha avuta in precedenza.

Valori bassi di Vitamina D possono aumentare il rischio di diabete giovanile, cancro al seno e attacchi cardiaci.

Stanno emergendo statistiche che affermano come sempre più studi evidenzino come la Vitamina D possa fornire una protezione per un’ampia gamma di malattie, dal raffreddore fino al cancro.

In ultimo, sembra che possa ridurre l’impatto sull’organismo del Covid-19, come anticipato in apertura dell’articolo.

La carenza coinvolge tutti: adulti, bambini, neonati.

Le malattie connesse alla carenza

Ci sono medici scienziati che affermano che l’azione della Vitamina D è talmente ramificata che non si riuscirà mai a conoscere la reale diffusione delle malattie, fino a che non ci si concentrerà sulla reale carenza di tale vitamina.

Il suo potenziale terapeutico è enorme e va ben oltre la prevenzione e la cura del rachitismo.

La sua carenza è collegata a 17 tipi di cancro.

Vitamina D e tumori

Il dottor William B. Grant, direttore del Sunlight, Nutrition and Health Research Center, in un intervento pubblicato nel 2002, stimava che il 20% dei casi di cancro al seno in Europa fossero conseguenza della carenza di Vitamina D.

Un altro medico, il dottor Cedric Garland, afferma che:

Se si risolvesse il problema della carenza di Vitamina D a livello mondiale, vedremmo una riduzione del 75% circa di tutti i tumori invasivi nel loro complesso, oltre che una riduzione analoga del cancro al colon e del cancro al seno, e probabilmente una risoluzione del 25% del cancro alle ovaie”.

Altri studi su come questa vitamina possa proteggerci dal cancro, sono ancora in corso di definizione.

Le conoscenze attuali mostrano che alti livelli di Vitamina D possono favorire la regolazione dell’apoptosi, il processo che porta alla morte naturale delle cellule, capacità che le cellule cancerose perdono e che quindi le porta a crescere in modo incontrollabile.

Agisce anche attraverso altri meccanismi quali la differenziazione e la proliferazione cellulare e la riduzione delle metastasi.

Vitamina D e immunità

Tanta più vitamina è presente nel nostro corpo, tanto più sarà efficace sia la risposta immunitaria sia la capacità dell’organismo di bloccare una reazione autoimmune.

Quest’ultima è la reazione che si innesca quando i linfociti Th17 si scatenano contro cellule e tessuti che non riconoscono erroneamente come propri, aggredendoli.

Qual è il ruolo della Vitamina D?

Il suo è un ruolo di modulatore: non sopprime, ma regola l’attività del sistema immunitario, calibrando la reazione dei linfociti Th17.

Si è visto poi come nelle patologie di carattere autoimmune, a causa di un polimorfismo, un recettore della Vitamina D non riesca a fissare la forma attiva, il calcitriolo, producendo un deficit nel sangue.

Secondo il neurologo brasiliano Cicero Galli Coimbra, le persone affette da patologie autoimmuni, necessitano di alte dosi controllate di Vitamina D, ottenendo, secondo la casistica, la remissione nel 95% dei casi circa.  

Vitamina D e fibromialgia

I recettori per la Vitamina D sono presenti anche sulle cellule del tessuto muscolare.

Diversi studi hanno dimostrato come, pazienti affetti da fibromialgia che presentavano una carenza di questa vitamina, presentassero una sintomatologia più accentuata.

Non solo.

È emerso anche un legame tra sindrome da fatica cronica, alterazione dell’umore, spesso associati alla fibromialgia, e carenza di Vitamina D. 

Questa stimola la produzione di proteine muscolari e facilita il trasporto del calcio, un processo essenziale per una corretta contrazione dei muscoli.

Vitamina D e malattie reumatiche

L’azione antinfiammatoria e immunomodulante della Vitamina D è di fondamentale aiuto anche nelle malattie reumatiche.

Molti studi hanno evidenziato una importante carenza di Vitamina D in tali malattie sia in quelle di origine autoimmune (come artrite reumatoide, lupus, sclerodermia, artrite psoriasica) sia in quelle non autoimmuni (come l’osteoartrosi).

Tra le cause, oltre che la mancanza di un’adeguata esposizione al sole, vi è l’utilizzo di farmaci come cortisone e immunosoppressori che alterano il metabolismo della Vitamina D e inibiscono la funzione dei suoi recettori.

Va detto che nelle patologie reumatiche, soprattutto in quelle autoimmuni, si devono somministrare dosi elevate di Vitamina D, sotto stretto controllo medico, per ottenere risultati apprezzabili.

Vitamina D e salute delle ossa

Il ruolo principe della Vitamina D è quello di assicurare che il calcio sia metabolizzato nel corpo e si depositi nelle ossa.

Se siamo carenti di Vitamina D, non avremo sufficiente accesso al calcio a prescindere.

Alla diminuzione del calcio in circolo, corrisponde una maggiore secrezione dell’ormone paratiroideo, correlato all’indebolimento e alla rottura delle ossa.

Il calcio, per essere assorbito correttamente, ha un estremo bisogno della Vitamina D.

Uno studio ha dimostrato che il massimo della densità ossea veniva raggiunto quando i livelli ematici nei pazienti raggiungevano i 40ng/ml.

Purtroppo viene sottovalutata l’importanza di assumere sufficiente Vitamina D per assicurarsi che il calcio possa essere assorbito e attaccarsi alle ossa.

Numerosi sono gli studi condotti sulla popolazione che invecchia per determinare quanto incide l’integrazione di questa preziosa vitamina sulle fratture ossee.

Uno studio ha rilevato che il 100% delle donne anziane ricoverate in ospedale con fratture da osteoporosi, ne era fortemente carente.

Il legame con la Vitamina K2

Vitamina D e Vitamina K

Abbiamo visto come la Vitamina D provveda ad un corretto assorbimento del calcio nel sangue, mentre per fissarlo in modo corretto all’interno delle ossa, è bene integrare anche la Vitamina K2.

Questa elimina dai tessuti molli, come ad esempio le arterie, un eventuale eccesso di calcio, convogliandolo nelle ossa evitando il formarsi di placche aterosclerotiche. 

Ci sono però studi in atto che esprimono delle cautele sull’uso della K2 per coloro che sono portatori della mutazione MTHFR e per coloro che hanno il favismo.

In caso di positività alla mutazione MTHFR, assumerla solo 1 mese ogni 3 e non in modo continuativo.

Va evitata invece l’assunzione in caso di favismo, malattia caratterizzata dal deficit dell’enzima Glucosio-6-fosfato deidrogenasi (G6PD)

Vitamina D e sistema nervoso

Anche le cellule del sistema nervoso centrale possiedono i recettori per la Vitamina D.

Ricercatori americani hanno misurato i livelli di Vitamina D in 100 pazienti affetti da Parkinson, 97 da Alzheimer e 99 sani.

La percentuale dei soggetti con livelli molto bassi era notevolmente maggiore nei malati di Parkinson (55% contro il 41% di quelli con Alzheimer e il 36% degli individui sani).

Vitamina D e malattie cardiovascolari

Diversi studi hanno dimostrato come bassi livelli di Vitamina D mostrino un significativo aumento del rischio di malattie cardiovascolari.

In Italia, da uno studio effettuato su 1000 soggetti ultra sessantacinquenni (studio IN CHIANTI), è emerso che gli individui con un basso livello di Vitamina D presentavano una mortalità per malattie cardiovascolari cinque volte superiore ai soggetti con livelli sierici più alti.  

Una sua carenza è stata fortemente associata anche all’ipertensione arteriosa.

La Vitamina D ha recettori anche nelle cellule dei vasi sanguigni ed ha la funzione di rilassare i vasi e abbassare la pressione arteriosa.

Vitamina D e malattie intestinali

La Vitamina D si è rivelata molto importante anche nelle malattie infiammatorie intestinali croniche, soprattutto nel morbo di Crohn e nella rettocolite ulcerosa.

Uno studio ha rilevato che il 65% dei soggetti affetti da morbo di Crohn aveva un significativo deficit di Vitamina D.

Alcuni studiosi irlandesi hanno sperimentato la somministrazione quotidiana di 2000 UI di Vitamina D contro placebo, constatando un netto prolungamento della fase di remissione della malattia e il miglioramento della permeabilità intestinale.

Grazie alla sua azione antinfiammatoria, antimicrobica e immunoregolatrice, questa essenziale vitamina può svolgere un ruolo importante nella salvaguardia della barriera intestinale, a patto che venga somministrata in dosi individualizzate sicuramente molto superiori a quelle giornaliere raccomandate (RDA). 

Vitamina D e diabete

Recenti studi confermano come la Vitamina D sia particolarmente utile nella prevenzione e cura del diabete mellito di tipi 1 e 2.

Il diabete di tipo 1 è una patologia autoimmune provocata da un’anomalia del sistema immunitario che si rivolge contro le cellule beta del pancreas, che producono insulina, distruggendole.

Spesso, al momento della diagnosi, circa l’80% delle cellule beta pancreatiche sono già compromesse.

Studi hanno dimostrato come la somministrazione precoce, faccia sì che aumenti la tolleranza immunitaria.

Ne hanno dimostrato la sua potente attività immunomodulatrice e regolarizzatrice dell’aggressione autoimmune verso le cellule pancreatiche.

In uno studio finlandese si è osservato che i bambini che avevano assunto almeno 2000 UI giornaliere, presentavano un rischio ridotto dell’80% di sviluppare un diabete giovanile.

Qual è il livello normale di Vitamina D nel sangue?

Tra gli studiosi, il dottor John Cannel ha sintetizzato le sue scoperte sui livelli della Vitamina D e il loro impatto sulle malattie.

Questi, secondo le sue ricerche, i livelli ideali nel sangue per una corretta prevenzione:

  • rachitismo e osteomalacia: 15 ng/ml
  • ottimizzazione dell’assorbimento intestinale del calcio: 34 ng/ml
  • miglioramento della performance neuromuscolare negli anziani: 38 ng/ml
  • riduzione dell’incidenza di tumori interni: 38 ng/ml
  • diminuzione del 50% del rischio di cancro al colon: 33 ng/ml
  • riduzione del 50% del rischio di cancro al seno: 52 ng/ml

Studi del dottor Bruce Hollis e altri, hanno scoperto come il processo della Vitamina D nel 50% delle persone non sia completamente “saturo” fino a che il livello non raggiunge almeno 40 ng/ml.

Qual è la Dose Giornaliera Raccomandata? (RDA)

Uno studio ha evidenziato che un uomo medio utilizza da 3000 a 4000 UI al giorno e si è visto come, in situazioni di buona salute, assumendo una dose giornaliera di 1000 UI, avrà come conseguenza un aumento di 10 ng/ml nei livelli sierici, dopo tre o quattro mesi.

La dose giornaliera raccomandata (RDA) è un argomento ancora dibattuto tra gli studiosi.

I più moderati consigliano 2000 UI al giorno come dose di mantenimento, altri ne consigliano 4000 UI.

Certo è che l’attuale dose raccomandata è sottostimata e risale a diversi decenni fa, unicamente pensata per fornire la quantità di nutriente necessario a prevenire il rachitismo e altre malattie delle ossa.

La pratica ha dimostrato che per raggiungere i 50 ng/ml sono necessari almeno 5000 UI al giorno di Vitamina D.

La somministrazione di queste quantità è però consigliata solo sotto controllo medico, mentre per chi non effettua controlli ematici, è bene non superare le 2000 UI giornaliere.

La Vitamina D è tossica?

Difficile intossicarsi con la Vitamina D.

Ciò nonostante i segnali di sovradosaggio sono silenti.

Si può avere inizialmente un elevato livello di calcio prima nelle urine, poi nel sangue.

Non si ravvisano segnali di sovradosaggio fino a che i valori non superano i 100 ng/ml nel sangue e l’intossicazione vera e propria si sviluppa solo con livelli che superano i 150 ng/ml.

La letteratura medica indica che una quantità di Vitamina D in eccesso pari a 10.000 UI al giorno, dovrebbe essere assunta per molti mesi prima di rivelarsi tossica.

Conclusione

Negli ultimi due decenni la conoscenza della Vitamina D è aumentata enormemente.

Quella che si riteneva una semplice vitamina utile per la salute delle ossa, si sta rivelando sempre più una sostanza essenziale che gioca un ruolo importantissimo in tutto il nostro organismo.

La scienza afferma che chi assume Vitamina D ha meno probabilità di morire per problemi di salute, e può allungare in modo consistente la durata della vita.

Trovi due ottimi integratori di Vitamina D sul mio shop, sia in forma liquida che in capsule.


Fonti:

Dott. Paolo Giordo “Vitamina D regina del sistema immunitario” Terra Nuova Edizioni

Dott. Soram Khalsa “I poteri curativi della Vitamina D” Macro Edizioni


Leggi anche:

Vitamina B6: cos’è, benefici e come integrarla

Carenza di calcio: latticini e integratori non servono

Vitamina K: benefici, carenze, controindicazioni


PRODOTTI CITATI